ADRANO (CT): LA FORMAZIONE DEGLI ADULTI E LA SPERIMENTAZIONE SIRIO. PUNTI DI FORZA, CRITICITA', PROSPETTIVE. A CURA DI ALFREDO D'ORTO
Per la ricchezza e l'eloquenza pubblichiamo il testo integrale dell'intervento tenuto dal prof. Alfredo D'Orto durante il convegno sulle scuole serali del 21 marzo scorso presso l'ITS di Adrano (CT).
Buona lettura!
Buona lettura!
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La
formazione degli adulti e la sperimentazione Sirio:
punti
di forza, criticità, prospettive
In
questo mio intervento parlerò di peculiarità e problematiche
concernenti il progetto denominato Sirio,
un modello organizzativo pensato per rispondere efficacemente alle
nuove esigenze formative espresse dalla società, in particolare alle
richieste di maggiori livelli di istruzione e di riqualificazione
avanzate tanto da giovani o non più giovani scolasticamente
“dispersi”, quanto da lavoratori e imprenditori.
Dico subito che non
è mio intento difendere questa forma di qualificazione di adulti e
giovani adulti (20-34 anni) dallo stereotipo secondo cui sarebbe da
considerare come una via sbrigativa
e approssimativa
all’istruzione anziché come una via alternativa
ai curricoli istituzionali. Ciò perché tale luogo comune, come
tanti luoghi comuni, rispecchia solo l’ignoranza, il provincialismo
culturale e, nello specifico, la mentalità classista e poco
democratica di chi lo accoglie o proferisce, sia esso pure un ex
presidente del Consiglio.1
A sfatare simile pregiudizio basterebbe conoscere direttamente tanta
utenza delle scuole serali e pensare che personalità eccellenti nel
campo artistico, imprenditoriale e delle professioni hanno seguito
questo percorso formativo (da Carlo Carrà a Mario Ridolfi a Umberto
Ambrosoli a Roberto Bolle). Mi atterrò dunque a evidenziare quali
siano le funzioni da assolvere, i presupposti e le finalità
primarie, le idee-forza e le “debolezze” dell’ormai
sperimentata sperimentazione Sirio,
e a suggerire, sulla base delle indicazioni ministeriali e della mia
esperienza sul campo, quali potrebbero essere i criteri educativi e
didattici più congrui. Mi perdoneranno alcuni colleghi e addetti ai
lavori se sembrerò loro pleonastico, ma la realtà è che pochissimi
docenti conoscono effettivamente il progetto Sirio
e che anche in questo settore è riscontrabile, in linea generale,
una certa rigidità di impostazione, insieme a una metodologia
didattica per lo più ricalcata sul modello del diurno. Non c’è
aria di rimprovero nelle mie parole, sia perché non mi ritengo
escluso dal novero di coloro che hanno da imparare, sia perché so
che occorre maturare una coscienza basata su una duratura esperienza
per poter superare quel carattere di sommarietà, cosa non facile
nelle attuali condizioni delle scuole serali, da molti a torto
ritenute un’esigua, negletta appendice dei corsi antimeridiani dove
si alternano docenti che hanno l’esigenza di completare l’orario
cattedra.
Prima di entrare
nello specifico del mio discorso ci tengo a ricordare che il compito
di provvedere all’educazione delle persone adulte in condizioni di
disagio socio-economico, già istituito nel 1904 e nel 1911
rispettivamente dalle leggi Orlando e Credaro, venne lasciato ai
privati dalla Riforma Gentile (1923) come anche poi, in piena epoca
fascista, dalla “Carta della Scuola” del ministro Giuseppe Bottai
(1939). Trascurata nel dopoguerra (unico ruolo in tal direzione venne
svolto dal maestro Alberto Manzi con la trasmissione televisiva Non
è mai troppo tardi
andata in onda fino al 1968) l’istruzione degli adulti trovò
misure vòlte ad una sua concreta attuazione agli inizi degli anni
’70 con la legge conosciuta come Statuto
dei diritti dei lavoratori.
Questa linea di evoluzione storica che ho così sinteticamente
tratteggiato consente di svolgere una prima considerazione, ovvero
come l’opportunità del rientro educativo sia stata volutamente
trascurata da quelle culture - non solo politiche - a carattere
velleitariamente aristocratico ed elitario e abbia di contro
costituito una componente non marginale di quel superbo approdo della
nostra civiltà democratica rappresentato dallo Statuto. Consente
altresí di rilevare come l’ennesima riforma fatta di tagli,
liquidata di recente nel più assoluto e trasversale silenzio e senza
alcuna consultazione dal cosiddetto “governo dei professori”
(quello per capirci che ha tentato di mettere in atto la proposta di
legge più indecente e umiliante di tutta la storia dell’istruzione
in Italia: aumentare di un terzo l’orario lavorativo degli
insegnanti a parità di retribuzione), come tale riforma, dicevo,
altro non sia che un’ulteriore componente di quell’attacco allo
Statuto e, in genere, alle norme a tutela del lavoro e del diritto
allo studio sferrato dalle politiche neoliberiste nel corso degli
ultimi due decenni. Che essa sia stata varata nell’indifferenza o
con l’assenso o almeno con il silenzio/assenso dei grandi partiti
della sinistra e delle maggiori organizzazioni sindacali,2
la dice lunga sulla crisi di rappresentanza delle suddette formazioni
politiche e sulla loro conseguente perdita di consenso.
Detto questo passo
brevemente ad accennare alle idee-forza e alle criticità del
progetto Sirio
per discutere poi più ampiamente delle prospettive riguardanti il
settore della formazione degli adulti e della funzione che è
chiamata a svolgere.
Le
difficoltà che docenti e discenti incontrano nei corsi serali sono
risapute e dipendono ovviamente dalle condizioni specifiche
dell’utenza, tra queste: 1) la scarsità di tempo da dedicare allo
studio; 2) la stanchezza e il calo dell’attenzione che si verifica
specie in tarda serata; 3) la frequenza ridotta che si registra nel
corso delle prime e delle ultime ore di lezione; 4) la resistenza o
proprio l’ostilità dei familiari, incontrata soprattutto dalle
donne, i cui coniugi e figli non accettano di buon grado un tale
impegno quotidiano.3
Se queste sono le “debolezze”, i punti di forza controbilanciano
tale situazione sfavorevole, e in maniera così determinante da
renderla una vera opportunità di arricchimento per il docente, anche
per chi non intendesse crearsi e definire, col tempo, un profilo
professionale specifico; tra questi possiamo annoverare: 1) la
robusta motivazione che deriva dal desiderio di riprendere in mano il
proprio destino e che è insieme desiderio di sapere e di riscatto -
ma gli scoraggiamenti e le ricadute sono frequenti, pertanto è
necessario un costante lavoro di consolidamento della motivazione
stessa -; 2) la maggiore maturità; 3) la possibilità di comprendere
alcune problematiche in virtù della propria esperienza personale e
di vita. Hegel scriveva nella sua Estetica
che l’artista non
deve soltanto aver molta esperienza del mondo e molta familiarità
con i suoi fenomeni interni ed esterni, ma molte e grandi cose devono
essere passate per il suo petto, il suo cuore deve essere già stato
profondamente colpito e commosso, egli molto deve aver fatto e
vissuto prima che sia in grado di configurare a concrete apparenze le
autentiche profondità della vita.4
Altrettanto
vale per chi quelle profondità sensibilmente rappresentate deve non
dico gustare a pieno o giudicare, ma se non altro tentare di
comprendere, cosa meno aleatoriamente possibile quando anche il
discente abbia molto visto e sperimentato, poiché molte sono le
dinamiche economico-sociali o le condizioni psicologiche ed
esistenziali sconosciute ad un adolescente.
La
motivazione, l’esperienza e la maturità consentono dunque ad
alcuni corsisti di affrontare argomenti, concetti e nodi problematici
in modo efficace. Questo vale sia per materie attinenti al campo
delle scienze umane, poiché non è infrequente trovare studenti
appassionati alla storia o all’opera di autori classici e
contemporanei, sia per le materie tecniche, poiché per qualcuno esse
rappresentano la componente “teorica” di una più o meno lunga
esperienza pratica. Ciò, lo ribadisco, può rendere l’attività
didattica alquanto stimolante, nonostante il lavoro di studio e di
approfondimento debba svolgersi per lo più durante l’orario
scolastico e nonostante i dislivelli all’interno del corpo classe
siano marcati, costringendo l’insegnante che non voglia trascurare
nessuno, che operi cioè tendenzialmente secondo il principio Non
uno di meno,5
a ripetere e riformulare in maniera sempre più chiara e
comprensibile il proprio sapere, tenendo fermo quell’altro
principio enunciato da Montaigne secondo cui l’alunno non è “un
recipiente da riempire ma una fiamma da accendere”.6
I docenti del Sirio
devono anche sviluppare notevoli capacità relazionali ed usare in
massimo grado autorevolezza e tatto nella loro prassi didattica, mai
autorità, avendo a che fare con personalità già strutturate e con
una classe assai eterogenea sul piano anagrafico. Devono inoltre
declinare il proprio sapere tenendo conto delle varie e spesso
contrastanti richieste e sollecitazioni espresse dall’utenza, e
dosare il carico di studio avendo presente le reali condizioni di
vita dell’alunno (se è un lavoratore e di che tipo, se ha famiglia
o meno), ferma restando la garanzia di criteri di valutazione comuni
e di momenti finalizzati al recupero.
Gli
interventi didattici devono certo orientarsi verso l’istruzione, ma
anche verso la formazione dell’allievo come essere pensante e come
cittadino. Citando ancora Montaigne, il buon insegnante non lavora
«solo a riempire la memoria» lasciando «vuoti l’intelletto e la
coscienza» poiché, così facendo, non forma altro che «asini
carichi di libri»; a cosa serve, del resto, «aver la pancia piena
di cibo, se non lo digeriamo? Se esso non si trasforma in noi?».7
Tali interventi devono inoltre essere tesi a fare della classe un
ambiente in cui ciascuno respiri fiducia nelle sue possibilità di
riuscita e ciò, sottolinea il testo ministeriale del progetto,
«attraverso modalità relazionali e comportamenti professionali
rispettosi del vissuto degli studenti oltre che dei loro ritmi e
stili di apprendimento». L’azione didattica, che dovrà adottare
tipologie di lavoro appropriate e differenziate, sarà tesa
primariamente: 1) a valorizzare, dove possibile, le esperienze
culturali e professionali dello studente; 2) a coinvolgerlo
prospettandogli traguardi raggiungibili e compiti realizzabili, il
che induce l’insegnante a porsi di fatto come «“facilitatore”
di apprendimento» (che non corrisponde affatto a facilitatore
incondizionato di promozione). Per quanto riguarda il momento della
verifica e della valutazione criterio fondamentale è che esse
abbandonino, specie nei confronti degli adulti, il loro perdurante
valore sanzionatorio per assumere quello più appropriato di
«controllo di processi», strumento diagnostico e correttivo di
errori rilevati nel percorso di apprendimento. Criteri e strumenti di
valutazione dovrebbero essere definiti e comunicati alla classe,
malgrado le discussioni cui si può dare adito, perché tale prassi,
oltre che garantire trasparenza, contribuisce a rafforzare le
motivazioni ad apprendere dei discenti.8
Per lo stesso motivo ritengo che si dovrebbe dare più importanza al
momento della consegna delle pagelle e non sottrarsi al confronto
fornendo delucidazioni ad eventuali rimostranze manifestate dai
discenti. Inutile ricordare che i risultati raggiunti nelle singole
discipline non dovrebbero scaturire da mere medie matematiche, ma
includere come indicatori l’impegno, la partecipazione e
soprattutto la progressione rispetto ai livelli di partenza.
Se
c’è un’idea fondante del Sirio,
essa è certamente la flessibilità (e la modularità didattica). In
effetti un suo indubbio punto di forza è la possibilità concessagli
di godere al massimo livello dell’autonomia scolastica, sia sul
piano organizzativo che didattico. Mi riferisco non soltanto
all’orario delle lezioni ridotto e distribuito su cinque giorni o
al riconoscimento dei crediti formativi che tutti i corsi serali
applicano, né soltanto alla possibilità di organizzare secondo
moduli intensivi e recuperi il calendario scolastico e di aggregare
gli studenti per gruppi di livello, che sono forme organizzative di
non facile attuazione e non prive di rischi.9
Mi riferisco più in particolare alla possibilità di effettuare
lezioni in compresenza o “a distanza”, al ruolo del Consiglio di
classe che dovrebbe avere a disposizione un monte ore massimo di
cinque ore settimanali «in aggiunta a quelle curriculari» da
attribuire ai diversi docenti, e alla funzione del tutor, formalmente
assegnata a un membro del Consiglio di classe, che dovrebbe essere
assolta all’interno dell’orario di insegnamento, ma prevede anche
l’attribuzione di ore eccedenti. Il suo compito di «facilitare
l’inserimento degli alunni nel sistema scolastico» e «assisterli
ove sopravvengano difficoltà», di «attivare strategie idonee a
colmare carenze culturali», è in effetti indispensabile in un
sistema formativo basato sul «sostegno all’apprendimento», sul
«riconoscimento di crediti e debiti» e sulla «personalizzazione
dei percorsi».10
Tutte queste figure
e funzioni, che garantiscono un supporto educativo e orientativo
ottimale per l’utenza, necessitano ovviamente di una copertura
finanziaria perché possano essere istituite e attivate. Nello schema
di regolamento non se ne fa menzione e, di fatto, sono figure e
funzioni spesso assenti dai piani organizzativi dei corsi serali.
Come ormai è frequente, esse vengono ricoperte o assolte
informalmente e magari un po’ alla meglio da docenti coscienziosi,
stante la situazione in cui versano le istituzioni scolastiche
italiane che quotidianamente si reggono sul volontariato di alcuni
insegnanti impegnati a contenere gli effetti deprimenti delle ultime
riforme.
Molto altro ci
sarebbe da dire ad esempio sul previsto Comitato tecnico-scientifico
che non ovunque è operante, oppure sul sistema dei crediti e dei
debiti, i secondi non sempre attribuiti, i primi spesso certificati
ma non corrispondenti a reali competenze, oppure vincolati al solo
riconoscimento di quelli formali, senza tenere conto di effettivi e
dimostrabili livelli di conoscenza di una data disciplina (ad es. una
lingua straniera).11
Tralascio comunque
di approfondire tali aspetti per trattare delle prioritarie funzioni
e delle prospettive apertesi nel settore della formazione degli
adulti, evidenziando che il problema dell’educazione permanente
(concetto già elaborato dalla cultura illuminista, precisamente da
Condorcet) è tra quelli che assumono e assumeranno sempre più una
grande rilevanza a livello comunitario, specie in considerazione
delle accresciute aspettative di vita, della tendenza alla
specializzazione in tutti i settori produttivi e dei processi di
mobilità della forza lavoro. Esso, com’è noto, rappresenta un
importante settore di intervento tra quelli individuati dall’Unione
Europea, sotto le cui sollecitazioni il modo di concepire
l’educazione degli adulti si è andato evolvendo in quello di un
processo orientato alla formazione continua chiamato lifelong
learning. Con la
“Carta di Lisbona” (2000) lo scopo auspicato non è più
unicamente quello di conseguire un titolo, ma anche di approfondire e
padroneggiare i contenuti dell’apprendimento per essere in grado di
fronteggiare i rapidi mutamenti della società odierna. Naturalmente
ciò comporta se non proprio un cambiamento, almeno un ampliamento di
orizzonte da parte delle scuole serali, poiché adesso l’obiettivo
non è soltanto indirizzato al “recupero” delle fasce sociali
deboli, ma è quello rivolto alla popolazione nel suo complesso, cui
si potrebbe in parte fornire, avvalendosi delle tecnologie
informatiche, una modalità didattica non tradizionale come
l’educazione a distanza (fad), prevista nel progetto Sirio ed anche
nella nuova riforma (per un massimo del 20% del percorso), ma finora
poco o nulla applicata.12
La scuola che abbia istituito al suo interno un tal genere di corsi
serali, e di concerto abbia avviato iniziative di vario tipo (corsi
liberi, visite guidate, conferenze, ecc.) mettendo a disposizione i
propri spazi e le proprie attrezzature, oltre a tutelare e magari
rimpolpare il proprio organico e ad offrire opportunità
occupazionali, è una scuola al passo coi tempi che ha sposato la
nuova concezione promossa sia a livello istituzionale sia dai settori
più moderni e avanzati del comparto. Mi riferisco al ruolo della
scuola come centro
civico o
plurifunzionale,
come laboratorio di fruizione e sperimentazione culturale a più
ampio raggio, in stretta collaborazione con il territorio, ruolo che
alcuni istituti-guida dovrebbero provvedere a potenziare per offrire
possibilità di formazione, di qualificazione e di riconversione
professionale alla comunità tutta e non solo a una circoscritta
fascia giovanile. Detto questo non intendo mettere in secondo piano
l’obiettivo che anzi ritengo prioritario del rientro in formazione
della cosiddetta utenza debole. Non lo colloco affatto sullo sfondo
perché lo considero una irrinunciabile conquista civile e sociale
per una realtà come quella italiana e meridionale in particolare, in
sintonia con un pensiero espresso da un grande critico e maestro da
me tanto studiato, parlo del primo ministro dell’istruzione
dell’Italia unita, Francesco De Sanctis, il quale nel 1873,
chiedendo cosa ne fosse della guerra all’analfabetismo nella sua
provincia natale e come si provvedesse «all’istruzione e
all’educazione degli adulti», affermava che «la civiltà di un
paese non è alla cima, ma alla base», e aggiungeva: «sempre
precaria è quella civiltà, la quale abbia alla sua base la
barbarie, che la rode e la consuma».13
Finché continueremo a offrire il dovuto riguardo agli studenti
provetti lasciando allo sbando, o meglio, tenendo a bada quelli più
carenti o “difficili” (che sono i più); finché continueremo a
non recuperare gli svantaggi derivanti agli alunni da contesti
familiari e ambientali poveri ed escluderemo dal pieno diritto
all’istruzione le ampie fasce della popolazione che per svariati
motivi hanno avuto un percorso scolastico e lavorativo poco lineare e
pacifico (riducendo drasticamente le borse di studio, i sussidi, il
numero delle scuole serali e il loro monte ore settimanale), potremo
star certi che il divario tra una minoranza edotta e consapevole che
spesso si trasferisce all’estero e una grande maggioranza di
individui in sofferenza, privi di vera istruzione, in balìa dei
media e spesso all’oscuro dei concetti basici della democrazia, non
farà che acutizzare il processo di impoverimento culturale e di
sclerotizzazione e scivolamento sociale in atto, continuando a dare
linfa all’illegalità e a prestare il fianco alla deriva demagogica
e populista.
Dunque la primaria
funzione che le scuole serali devono assolvere, in linea con le
direttive dell’UE, è quella di contenere la dispersione scolastica
recuperando le carenze nella formazione di base e rispondendo ai
bisogni di maggiore formazione e riconversione professionale espressi
dal mondo del lavoro. Questa funzione, nella situazione di ritardo
culturale e, più precisamente, di bassa scolarità e di scarsa
qualificazione propria del nostro Paese, rappresenta di per sé una
seria azione di contrasto al fenomeno che De Mauro definisce
dealfabetizzazione
o analfabetismo di
ritorno, dovuto al
fatto che i cittadini si trovano a dover utilizzare decine e decine
di anni dopo quanto hanno appreso in età scolastica determinando
così forti regressioni delle conoscenze acquisite.14
Questa funzione si connota più spesso, nel Meridione, come azione di
contrasto all’ignoranza, ossia a quel basso livello di istruzione i
cui costi non solo individuali (insicurezza, mancanza di autonomia,
povertà di aspirazioni, condizione di subalternità e di esclusione)
ma anche sociali ed economici (in termini di criminalità, di spesa
per la salute, come pure di democrazia poco partecipata, di bassa
produttività e di scarsa innovazione) sono stati ampiamente
certificati da studi di natura empirica e da studi comparativi
internazionali, quell’ignoranza che pregiudica il buon
posizionamento nel mercato del lavoro di tanti nostri giovani e che,
non c’è dubbio, rende pericolosa una popolazione in quanto la
mette in condizione di sudditanza rendendola anche facilmente
manovrabile. Se si considera che il 35% della popolazione italiana è
a rischio alfabetico, opera cioè in una situazione di sostanziale
illetteratismo (in Europa la media è del 10-15%), se a questo si
aggiunge che un altro 30% ha competenze fragili, limitate e a rischio
di obsolescenza e che dunque il 65% della popolazione adulta non
raggiunge il livello necessario a garantire il pieno inserimento in
una società come quella odierna, basata sulla conoscenza; se
pensiamo che il 48% della popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni
possiede al massimo la licenza media (contro il 29% dell’Europa) e
che più della metà di quanti hanno un genitore con solo tale
licenza tende a riprodurre la stessa situazione; se infine
consideriamo che la propensione a fruire attivamente di determinate
pratiche e prodotti culturali riguarda solo il 16% della popolazione,
mentre il restante 84% (circa 27 milioni di persone) rivelano solo un
potenziale interesse verso di essi (il 31%) o sono affatto refrattari
al consumo culturale (53%) e proprio in ragione del loro livello di
istruzione, appare lampante che ci troviamo di fronte a un’«emergenza
nazionale» in cui il Meridione rappresenta «l’emergenza
nell’emergenza». Le previsioni al 2020 sull’evoluzione della
domanda e dell’offerta stimati dal CEDEFOP indicano che quasi tutta
l’occupazione aggiuntiva e larga parte di quella sostitutiva sarà
caratterizzata da lavori ad alta densità di conoscenza e competenze
tecniche, e che cresceranno i livelli di istruzione/formazione
richiesti in tutti i tipi di lavoro, anche elementari. Le proiezioni
segnalano pure che l’Italia sarà, insieme al Portogallo, il Paese
col più alto peso di forza lavoro con bassi livelli di
qualificazione. Non sorprende che fra i cinque obiettivi strategici
da traguardare secondo il Consiglio Europeo affinché si possano
sostenere sviluppo economico, occupazione e coesione sociale, c’è
proprio quello della partecipazione degli adulti all’apprendimento
permanente. Esso, in Italia, è ancora limitato al 6,2% della
popolazione attiva di contro a una media europea del 9,6%.
Nell’ultima stima risalente al 2008 i corsi serali presso gli
istituti superiori vedevano la partecipazione di 66.545 individui.
Sembrano tanti, ma il rapporto tra domanda intercettata e domanda
potenziale dimostra il contrario, quanto cioè siano pochi di fronte
ai 12 milioni in possesso della sola licenza media (di cui 3 milioni
quelli tra i 20 e i 34 anni) e alla percentuale degli abbandoni
scolastici precoci che nel 2006 è stata pari al 20%.
Prima di avviarmi
verso la conclusione voglio precisare che parecchi studenti non
tornano sui banchi solo allo scopo di conseguire un diploma, ma
chiedono cultura. Ritengo importante che un istituto scolastico
contribuisca a rendere concretamente ed estesamente fruibile quel
diritto ad acculturarsi che è di ciascuno, e si sforzi di coniugare
istruzione e cultura coinvolgendo anche ex studenti, uditori esterni,
cittadini in genere. Perché ciò effettivamente abbia vita occorre
ricercare collaborazioni con enti esterni, come biblioteche,
sindacati, imprese, in particolare con i Comuni che potrebbero, anche
in sinergia, avviare iniziative di promozione culturale e riqualifica
professionale riguardanti cittadini disoccupati, inoccupati o della
terza età, ad esempio con incentivi poco onerosi ma socialmente
assai significativi quali il pagamento della quota d’iscrizione, la
donazione di un computer o altro materiale, il cofinanziamento di un
corso libero, di una visita guidata, ecc.
Concludo il mio
intervento da un lato ricordando un pensiero di Condorcet,
ossia
che non basta vantare
una completa uguaglianza di diritti se poi vengono rifiutati i mezzi
per conoscerli,15
dall’altro citando per esteso un passo del Quaderno TreeLLLe:
«Conservare l’istruzione di base, incrementare le competenze
professionali e sviluppare il livello culturale della popolazione in
età adulta sono le condizioni essenziali per un esercizio pieno dei
diritti e dei doveri di cittadinanza e per lo sviluppo di una
economia competitiva». Resta da aggiungere: i governi e la società
italiana sono stati all’altezza del compito nel contrastare con
tutti i mezzi quel basso livello di istruzione che ha contribuito,
nell’era della globalizzazione, a fare perdere competitività al
nostro sistema economico e che grava pesantemente sulle nuove
generazioni? Hanno compreso ciò che ai paesi avanzati risulta
chiaro, ovvero che proprio nei periodi di crisi economica «la spesa
culturale non andrebbe ridotta ma qualificata in modo più
rigoroso»?16
Di conseguenza, sono stati e sono tuttora disposti ad affrontare gli
investimenti pubblici o i ribilanciamenti di risorse indispensabili
in materia di educazione degli adulti? Non ritengo possano darsi
risposte affermative.
Alfredo
D’Orto
Note
1
Nella trasmissione Servizio
pubblico
andata in onda su La 7 il 10-1-2013 Silvio Berlusconi, in uno scambio
di battute con il conduttore Michele Santoro, ritenendo che i suoi
concetti non venissero ben compresi ha chiesto al giornalista: “Lei
è andato all’università o ha fatto le serali?”. Quest’ultimo,
anziché difendere gli studenti lavoratori implicitamente irrisi
(secondo l’equazione: utenti scuole serali = poca cultura e scarso
intendimento) ribatteva alle domande dell’ex premier se avesse o
meno capito non so quale affermazione con risposte del tipo: “Non
ho capito… io sono andato alle scuole serali”. Al di là delle
battute che lasciano il tempo che trovano, ciò che vi è di più
sconsolante nella vicenda è che proprio così, in virtù di una
boutade e sull’onda della polemica accesasi nei giorni seguenti,
molti insegnanti (fra i quali io stesso) siano venuti a conoscenza
dell’approvazione in via definitiva della riforma del settore. Tra
le risposte polemiche apparse sul Web ricordo almeno quelle di
Nazzareno Corigliano,
Presidente del Comitato per la Difesa e la Promozione delle Scuole
Serali Pubbliche, e di Rocco Rolli,
della Rete Scuole Serali Pubbliche Torino e Provincia (apparse sul
blog del Coordinamento
per la difesa delle scuole serali
dell’11 e del 13-1-2013), di Daniele Lanni,
portavoce della Rete degli Studenti (su La
tecnica
della scuola.it
dell’11-1-2013) e di Dunia Sardi,
scrittrice (su Quotidiano.Net
del 16-1-2013 nel blog di Sandro Bugialli).
2
In un articolo di Giulia Boffa
dal titolo Approvato
il nuovo regolamento delle scuole serali: importanti anche le
competenze acquisite sul lavoro
apparso su
OrizzonteScuola.it
il 6-10-2012 si trova scritto: «I Centri d’istruzione per gli
adulti opereranno su base provinciale e organizzeranno i servizi
formativi in modo che siano prossimi ai luoghi dove le persone vivono
e lavorano, soprattutto attraverso accordi di rete con altre
istituzioni scolastiche e altri soggetti del territorio». A quali
altri soggetti - nel Regolamento non vi è cenno - si fa riferimento?
a enti privati? alle Camere di Commercio? ai sindacati? Questi ultimi
vengono accusati di silente o compiaciente accettazione del
regolamento o proprio di essere gli ispiratori del riordino (la CGIL)
negli articoli pubblicati sul blog del Coordinamento
per la difesa delle scuole serali
l’8-8-2012 e il 4-12-2012.
3
Leggasi l’articolo di Alessandra Veronese,
L’esperienza
della sperimentazione “SIRIO” nelle scuole serali
(http://www.graffinrete.it/tracciati/storico/tracciati0/sirio.htm).
4
George Wilhelm Friedrich Hegel,
Estetica,
edizione italiana di Nicolao Merker, trad. it. di Nicolao Merker e
Nicola Vaccaro, 2 voll., Milano, Feltrinelli, 1978 («SC/10», 84),
pp. 372-73.
5
È il titolo italiano del film di Zhang YiMou vincitore del Leone
d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1999.
6
La citazione è tratta dagli Essais
di Montaigne, a sua volta ispirato da un passo del De
recta ratione audiendi
di Plutarco.
7
Cfr.
Michel de Montaigne,
Saggi,
a cura di Fausta Garavini, con un saggio di Sergio Solmi, 2 voll.,
Milano, Adelphi, 1992 («Gli Adelphi», 31), I, pp. 178, 180 e 236.
8
Cfr.
Un
nuovo modello organizzativo per il settore della formazione degli
adulti: il progetto Sirio,
Premessa di Elisabetta Davoli, Dirigente amministrativo Direzione
generale istruzione tecnica Ministero Pubblica Istruzione ai punti 5:
Indicazioni
metodologiche
e 6: Verifica
e valutazione.
(http://www.edscuola.it/archivio/norme/programmi/sirio).
9
Il gruppo-classe potrebbe scomparire, soppiantato da moduli
finalizzati all’acquisizione di date competenze? I percorsi
d’istruzione realizzati per gruppi di livello relativi ai tre
periodi didattici previsti dalla riforma potrebbe portare alla
contrazione triennale del percorso? Lo schema di regolamento non mi
pare chiaro; testualmente recita: «possono essere fruiti per ciascun
livello anche in due anni scolastici» (art. 5 comma 1 d). Ambiguo
quell’«anche», dal momento che i tre periodi sono costituiti da
due bienni e da un ultimo anno finalizzato all’acquisizione del
diploma. Cfr. Schema
di regolamento recante norme generali per la ridefinizione
dell’assetto organizzativo didattico dei centri d’istruzione per
gli adulti, ivi compresi i corsi serali, ai sensi dell’articolo 64,
comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,
in Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana n. 47 del 25-2-2013.
Decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2012, n. 263.
10
Cfr. Un
nuovo modello organizzativo…,
cit., in particolare ai punti 2.1: Modelli
di struttura
e 2.4: Tutoring.
La compresenza come io la intendo, d’accordo con quanto affermato
dalla Veronese (cfr. op.
cit.
al punto 3.2), consentirebbe agli alunni di meglio assimilare alcuni
contenuti disciplinari e, ai docenti, di meglio calibrare la propria
programmazione didattica. A titolo di esempio sono parecchi gli
alunni le cui carenze di carattere grammaticale risultano di ostacolo
alla comprensione di una lingua straniera e spesso infatti succede
che gli insegnanti di lingue chiedano a quelli di lettere se abbiano
o meno svolto determinati argomenti (sempre restando nell’ambito
umanistico, si potrebbero immaginare alcune lezioni comuni di
italiano e di storia dell’arte, di storia e di scienze, di storia e
di diritto, ecc.). L’attuazione di tali lezioni - programmata in
sede di Consiglio - offrirebbe tra l’altro una doppia opportunità
agli utenti e ai docenti, poiché gli uni vedrebbero diminuire le ore
di frequenza settimanalmente richieste (delle quali le prime e le
ultime oggettivamente “scomode” e poco seguite), rimanendo però
salvaguardato il livello qualitativo dell’offerta formativa; gli
altri renderebbero ancora più efficaci i contenuti proposti dandogli
un carattere interdisciplinare, e in parte compenserebbero la
riduzione oraria prevista dalla riforma.
11
Condivisibile la proposta della Veronese di non riconoscere
automaticamente le competenze derivanti da corsi di studi già
seguiti (cfr. op.
cit.
al punto 3.4). Ciò dovrebbe voler dire, a mio parere, non negare il
dovuto riconoscimento ai crediti cosiddetti formali, ma non esimersi
dal somministrare dei test d’ingresso, per provvedere così a
programmare adeguati percorsi di recupero.
12
Cfr. Schema
di regolamento…,
cit., art. 4 comma 9 b.
13
Cfr. la raccolta di scritti I
partiti e l’educazione della nuova Italia,
a cura di Nino Cortese, in Opere
di Francesco De Sanctis,
edizione diretta da Carlo Muscetta, vol. XVI, 1970, p. 86.
14
Cfr. Associazione TreeLLLe, Quaderno n. 9 dicembre 2010, Il
lifelong learning e l’educazione degli adulti in Italia e in
Europa. Dati, confronti e proposte,
Introduzione e guida alla lettura di A. Oliva. Da questo studio ho
tratto parecchie percentuali, questioni e considerazioni toccate o
riportate sotto nel testo.
15
Cfr. Jean-Antoine Condorcet,
Sull’istruzione
pubblica,
Treviso, Arti Grafiche Longo e Zoppelli, 1966, p. 35.
16
Cfr.
Quaderno TreeLLLe, cit., pp. 19-20 e 27.
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Per scaricare il testo in formato chiuso PDF cliccare sul seguente link: intervento Alfredo D'Orto
1 commento:
Vorrei esprime un sincero apprezzamento a questo post.
Seguo questo blog da diversi anni, e devo dire che quanto ha scritto e detto il prof. D'Orto è e rappresenta una significativa sezione del nostro vissuto, una lezione verso il futuro. Ma, come egli riprende in più parti, è anche una tragica constatazione del nostro presente in un momento topico in cui molti sono stati abituati a sgattaiolare, a rifuggire dagli ostacoli, a non affrontare i problemi con coraggio, determinazione ed onestà.
E' interessante il richiamo del pensiero di Francesco De Sanctis, che non fu tanto un letterato, ma un “uomo di Lettere concreto” attentissimo all'educazione della persona in uno stato civile, purtroppo distante anni luce da quei letterati “in libris” ai quali sinistramente somigliano i moderni esperti delle “tavole rotonde”, ovviamente con qualche eccezione.
Dalle notizie che mi arrivano da questo blog mi sembra di capire che costoro, “i moderni esperti dell'educazione degli adulti” (a mio avviso eruditi e non colti), fifendono la riforma delle scuole serali come “profeti di opportunità” sulla base di un dissolvimento del sistema scolastico che ha retto per molti anni.
Il prof. D'Orto e gli animatori di questo comitato sono, forse, tra quei pochi che hanno antevisto la globalizzazione della contesa sulle risorse finite destinate all'educazione degli adulti ed il depauperamento della conoscenza nei confronti di chi ne ha davvero bisogno.
Quello che qui ho potuto leggere non sono congetture gratuite ma rappresentano delle intelliggenti riflessioni a cui dovrebbero rifarsi tutti coloro che oggi svolgono l'importante ruolo di “decisori”, in una società sempre più impegnata nella sostituzione della Ragione con la Ragione plausibile. E, non mi meraviglio che riflessioni “scomode” come questa del prof. D'Orto, rivolta a perseguire la veglia della Ragione in un momento storico che ne predica il sonno, siano invece letteralmente rimosse dal dibattito pubblico, se non ridicolizzate perfino da due figuri, ladri di verità, come Berlusconi e Santoro.
Questo blog, da ex studente di un liceo serale ed attuale medico, occupa tuttora un posto d'onore nel mio browser, è una pietra miliare a futura memoria, ed è come un segnale stradale che indica una svolta importante e rischiosa. Possiamo ignorarlo, nasconderlo, così come si fa per la scuola serale, ma nessuno potrà mai sostenere che non c'era!
Grazie.
Francesco D.
Napoli
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