TAGLI A TORINO: NUOVA EMERGENZA!
Abbiamo notizie negative da Torino dove è in atto un macroscopico drammatico taglio nei Corsi Serali della Scuola Pubblica: ben 20 classi! CON QUESTE POTATURE SI UCCIDE LA PIANTA! Ma è forse questo l'obiettivo ultimo?!
VERGOGNA!
Noi siamo solidali con i colleghi della RETE DI TORINO e pronti a condividerne le iniziative!
Il collega Carlo Morgando (della rete di Torino) insegna nel Corso Serale di un importante Istituto Tecnico dove hanno concesso solo tre classi su dieci. Lui ci ha inviato il seguente articolo che pubblichiamo integralmente.
SMANTELLAMENTO DEI CORSI SERALI:THE FINAL COUNTDOWN
Il processo che porterà alla chiusura dei corsi serali di
Scuola media superiore il 31 Agosto del 2015 ha preso il là dalla Legge296 (Finanziaria del 2007) e precisamente
dal comma 632 dell’art.1.
Non è secondario ricordarlo poiché, ancora una volta, si
deve amaramente constatare che ogni intervento di riforma della scuola pubblica
in Italia risponde ad una logica asfittica di tagli alle risorse, che
colpiscono sia il personale sia la quantità e la qualità dell’offerta
formativa.
Una prova evidente di questo assunto ci è stata fornita dal
metodo con cui l’USP ha proceduto nel
determinare l’organico di diritto dei corsi serali operanti in Torino e
provincia: si è puntato alla drastica riduzione delle cattedre di diritto,
soprattutto quelle delle materie dell’area comune, attraverso
un’interpretazione penalizzante della normativa volta alla cancellazione delle
classi iniziali del Biennio e dei Trienni delle diverse specializzazioni. Si è
inoltre ricorso alla formazione di classi articolate per le materie dell’area comune,
impedendo di fatto all’utenza di iscriversi alla ripresa dell’A.S., come avviene abitualmente
nei corsi serali, che si rivolgono alla popolazione adulta e ai lavoratori che non sono legati ai ritmi
scolastici nel decidere il rientro in formazione.
Imporre ai corsi serali la stessa procedura che si applica
ai corsi diurni è una rigidità che mira all’azzeramento delle classi, in prospettiva del passaggio ai fantomatici
CPIA. E’ chiaro che se si fa tabula rasa
delle classi e dell’organico, si costringe al trasferimento al corso diurno
anche tutti quei docenti che hanno maturato negli anni una specifica
professionalità nel campo dell’istruzione degli adulti, alla faccia della
valorizzazione delle esperienze maturate nel settore.
Che gli insegnanti e gli studenti siano trattati come
scartoffie dai funzionari dell’Amministrazione
e dagli “strateghi” delle feroci “razionalizzazioni” che ormai da anni
investono la scuola pubblica italiana è ormai un’ amara certezza. Così come è
assodato che l’ Amministrazione ritiene che il profilo professionale del
docente sia sostanzialmente indifferenziato e che ognuno di noi possa essere riciclato a piacere su diversi incarichi.
Le prove selettive dell’ultimo concorsaccio ne sono la
prova: test uguali per tutti, nessuna distinzione per il tipo di materia o il
grado di scuola, una selezione che premiava le capacità di adattamento ai quiz,
piuttosto che requisiti indispensabili per svolgere la delicata professione
dell’insegnante.
La dequalificazione del profilo professionale dei docenti è
funzionale al progetto di istruzione per gli adulti che il Decreto Fioroni delinea con
l’istituzione dei CPIA.
Corsi pensati per gli adulti, ma che escludono quei soggetti
che sono già in possesso di un titolo di studio di scuola media superiore e che
paradossalmente consentono l’iscrizione anche ai ragazzi di 15 anni, corsi che
prevedono tre anni di corso svolti con un monte ore ridotto del 70% rispetto al
diurno. Nella fase attuale non è ancora chiaro, pur essendo operante una
commissione di lavoro al MIUR…, quali saranno le materie sacrificate, ma
considerando come è stata gestita l’operazione formazione delle classi, con un
disinvolto ricorso alle classi articolate per le materie dell’area comune,
appare scontato che si voglia andare verso una scuola finalizzata all’addestramento
al lavoro (quale?). Infatti nel regolamento che istituisce i CPIA si esclude
ogni tipologia di Liceo oltre l’Artistico, limitando l’offerta agli istituti
tecnici e professionali.
Una scelta che va nella direzione di limitare il ruolo dei
Centri all’erogazione di un’offerta di istruzione (anche il termine educazione
è stato cancellato) finalizzata esclusivamente al conseguimento, in tempi il
più possibile accelerati, di un titolo di studio, che si presume più
“spendibile” sul mercato del lavoro.
Pare di capire che proprio perché ogni figura professionale deve essere
intercambiabile sul mercato del lavoro, il costo e il tempo della sua
produzione devono essere ridotti all’osso, così come il suo contenuto di
sapere.
Un sapere che deve limitarsi al ”saper fare” o, più
propriamente, all’obbedienza e alla disponibilità, perché, qualora eccedesse
ciò che è necessario a svolgere la mansione assegnata, alimenterebbe
quell’elemento di eccessiva autonomia che possiamo definire “saper agire” e
che un tempo si era soliti definire spirito critico.
In conclusione non è superfluo ribadire come anche questa ”
razionalizzazione” di un segmento marginale, ma più volte definito strategico,
del sistema scolastico e formativo sia ispirata esclusivamente ad un’arida
logica contabile, che non è nemmeno più mascherata da riferimenti alla
Strategia di Lisbona o inserita in un piano di riforma complessiva del sistema
di educazione per tutto l’arco della vita.
Lo
smantellamento in atto dei corsi serali è un ulteriore tassello dell’attacco
che da anni ormai i governi di ogni colore e sfumatura portano alla scuola
pubblica , ai docenti, agli studenti e ai lavoratori che in essa trascorrono anni preziosi della propria vita,
si esercita su un segmento già fortemente penalizzato applicando una normativa
concepita con il preciso obiettivo di azzerare una realtà che ha garantito alla popolazione adulta non solo
la possibilità di conseguire un diploma di scuola media superiore, valido a tutti gli effetti, come quello conseguito
nella scuola del mattino, ma anche un’occasione per “rimettersi in gioco” e
sottrarsi al progressivo processo di impoverimento delle proprie risorse
culturali. In questo senso la scuola serale non può essere ridotta ad un
diplomificio, ma rivitalizzata come presidio culturale permanente sul
territorio.
Prof. Carlo Morgando - Torino
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