venerdì 30 marzo 2012

LETTERA DI UNA PARTECIPANTE AL CORSO SOFIA

Riceviamo e, volentieri, pubblichiamo la lettera inviataci da una collega che ha partecipato al "corso di aggiornamento" SOFIA, sul futuro dell'Istruzione degli Adulti, tenutosi a Bari qualche giorno fa.
Cogliamo l'occasione per avvisare tutti coloro che ci seguono su questo blog che, a breve, pubblicheremo l'intero intervento del dott. Ruggiero Francavilla, vice direttore dell'USR Puglia, quale esempio significativo dell'andamento di detto corso.

Ho partecipato con l’incarico di corsista al Corso di formazione SOFIA (= Strumenti, Organizzazione e Funzione dell’Istruzione degli Adulti) che si è tenuto a Bari nei giorni 19, 20 e 21 marzo 2012, il quale attraverso le relazioni, i lavori di gruppo guidati come da programma, aveva l'obiettivo non dichiarato ed emerso nelle battute finali di commiato di riformare "il mondo EdA" (CTP e Corsi Serali anche Sirio).
Da questa esperienza vissuta in prima persona come docente alle soglie del pensionamento e impegnata da oltre vent’anni nei corsi serali, è nata questa pagina autobiografica.

21 Marzo 2012 Il primo giorno di primavera.
Stella, giovane donna con i tratti tipici dell’etnia mediterranea,
dal cuore generoso, intuitiva e aperta verso gli altri, si guardò attorno, attonita e spaventata.
Percepiva l'aria frizzante marzolina, il tepore del sole primaverile con la sua luce ben definita ma …aveva paura.
Avevano decretato per acclamazione la sua morte: un chiaro caso di eutanasia in una così bella e festosa giornata, il primo giorno di primavera. Rivide i volti di Pierino, Antonio, Anna, Natia, Tea e di tanti altri che negli anni aveva accompagnato e rimesso in gioco nel pianeta della consapevolezza del sé e della conoscenza e sorrise nel ricordare i vissuti e i loro obiettivi di vita raggiunti.
Ora era tempo di competenze, certificazioni e tutto in un progetto che comprimeva relazioni umane, opportunità culturali e tempi in UFC.
La cosa che più la lasciava senza parole e che non c’era più bisogno di formare le classi perché erano cancellate a priori.
Si chiedeva come avrebbero fatto tutti gli adulti che vogliono motivarsi e riqualificarsi, i giovani disagiati, le donne tolte dalle varie forme di schiavitù, a crearsi una rete di riferimento nel loro percorso quotidiano senza un gruppo classe stabile e privi di un riferimento in cui interagire nel loro iter rituale di apprendimento.
Percepiva gli sforzi per fare nascere Sofia, con l’ausilio di nuove tecniche, con la comunicazione persuasiva veicolata per superare i normali tempi di una gestazione e si preoccupava per i pericoli cui andava incontro la piccina, senza essere consapevole del caos e del vuoto creatosi. Stella era colpita dal silenzio, pregno di partecipazione, che si percepiva nell’aria di quel primo giorno di primavera e del senso di attesa. Poi da lontano udì un suono familiare: era la sveglia giornaliera. Si accese la radio, udì la radio cronaca di un convegno per la giornata dell’unità d'Italia e in sordina l’Inno di Mameli. Sorrise fra sé: era stato tutto un sogno! Un brutto sogno o forse un incubo di quelli mattutini.
I Pierini, Alì, Fatia, Adrian avrebbero continuato a rimettersi in gioco nelle loro classi tra mappe concettuali, lezioni di Cad ed esercizi di matematica acquisendo nuove opportunità per ritornare nel mondo professionale con maggiore dignità di cittadini italiani ed europei.

Pat–Bell docente del Progetto Sirio sin dalla nascita

domenica 18 marzo 2012

QUESTIONI DI TEMPO. LA SCUOLA SERALE AI TEMPI DI GROUPON.

A cura di Rocco Rolli *

“Il tempo passa anche in Val di Fassa, anche in una cassa, anche in una casa bassa, nessuno lo può fermare..” recitava mia figlia qualche anno fa, quando frequentava la scuola elementare, prima che la famigerata “riforma” Moratti demolisse uno dei modelli didattici più funzionali in Europa. Quando incontro le bravissime maestre di mia figlia, per prima cosa mi dicono “caro Rolli, non abbiamo più tempo”.

Intanto nelle scuole serali il tempo delle strombazzateriforme” si è fermato aspettando i regolamenti del modello definito dal decreto del 2007. Che ovviamente non arriveranno, perché non vi è dubbio che quella proposta non era e non è praticabile: perché implica un incremento delle dirigenze oggi impossibile; perché i numeri stabiliti per il dimensionamento darebbero luogo ad autonomie ingestibili per numero di sedi e eterogeneità degli studenti . Perché i tecnici e i professionali – per tutto il percorso di studi – devono necessariamente restare dove ci sono i laboratori e così via. Cose dette e ridette centinaia di volte.

Allora per gli scienziati della didattica dipendente dall’economia, non resta che intervenire sul tempo. La capacità della scuola serale di orientare alla acquisizione di saperi e saper fare specifici; l’opportunità di sperimentare conoscenze nuove, di approfondirle in senso teorico e di praticarle, per aiutare gli adulti all’acquisizione di solide competenze per costruirsi una prospettiva di futuro, non sembra faccia parte al momento di questo orizzonte politico e culturale.

Tutto si focalizza sul risparmio di tempo: il serale deve avere il 70% dell’orario del diurno; che significa proporre, per gli adulti, un orario di appena 20-22 ore settimanali. (Se a qualcuno interessa fra riduzione di anni e riduzione di ore, il taglio delle cattedre dovrebbe essere prossimo al 50 % di quelle attuali). Un risparmio straordinario su un settore numericamente molto piccolo o un danno sociale enorme su un settore che dovrebbe essere visto come strategico, considerato l’alto numero di giovani adulti senza diplomi e con il dirompente processo di respingimento degli adulti dal mercato del lavoro? Senza considerare l’immiserimento delle storie e delle esperienze di innovazione didattica e organizzativa che ha coinvolto gli insegnanti delle scuole serali solo fino a ieri. È come se il luogo comune “che studiare tanto non serve” e “andare a scuola è tempo perso” abbia fatto proseliti anche fra i nostri politici, i funzionari ministeriali e magari anche fra un certo numero di pedagogisti e insegnanti.

Secondo le stime basate su esperienze internazionali, l’allungamento di tre anni dell’istruzione media della forza lavoro è associata a un incremento del tasso di crescita di un paese di circa l’1 per cento ogni anno. Significa essere di quasi un quarto più ricchi nel corso di vent’anni.[1]

E allora perché tagliare risorse e tempo su questo settore, se i risparmi economici sono ridotti e tutti possiamo essere d’accordo, almeno a parole, che di questo settore della formazione non si può fare a meno, perché ci sono gli obiettivi di Lisbona da rispettare e un paese civile non può… etc.

Che sia un fattore culturale? Che il tempo a scuola è visto come tempo sottratto alla famiglia, alla televisione, alla pizzeria. E non tempo aggiunto alla conoscenza, alla socializzazione, alla cultura. E perché questo è avvenuto in così poco tempo. Dei miei studenti di dieci anni fa, mai nessuno mi ha chiesto di fare in fretta, di fare un3x2 o un 2x1. Negli ultimi due tre anni, al momento dell’accoglienza, la prima richiesta è: “posso prendere il diploma in due anni? Posso fare quarta e quinta insieme”. Alla dimostrazione del primo dubbio, l’affondo è: “ma in quella scuola in 2 o 3 anni prendo il diploma”. Perché è successo questo? E perché ai miei studenti di quinta le 28 ore settimanali non bastano e mi chiedono di andare a scuola anche di sabato?

Le scuole private da sempre hanno offerto questi percorsi abbreviati: ma a pagamento. D’altra parte non è il bisogno di formazione o di nuove conoscenze che caratterizza quei percorsi di studio; ma del pezzo di carta subito. Varrebbe allora la pena, di porre la seguente domanda: che scenario educativo avremmo avuto in questo decennio se sulle logiche abrogative e riduttive, avessero prevalso logiche autenticamente innovative. Se alle logiche del sapere spezzatino, pronto e in pillole, si fosse lavorato su strategie didattiche utili a sviluppare competenze che richiedono più tempo d’aula quando necessario, insieme all’uso delle nuove tecnologie funzionali alla specificità dell’educazione e istruzione degli adulti e la formazione a distanza. La risposta renderebbe chiara la necessità di recuperare il tempo perduto. Ma forse i tempi non sono ancora maturi. Per esempio, nella terra dei Lagrange e dei Peano, non poteva mancare il colpo di genio sull’uso del tempo. Il tempo per imparare si può ridurre intervenendo non sulle strutture della conoscenza, o sul come si impara, (saperi fondanti, didattica breve), ma direttamente sui numeri. La terra che ha inventato il tempo prolungato, poteva non inventare il tempo accorciato?

Infatti, con i corsi Polis, invenzione tutta piemontese, è possibile l’accesso al diploma di scuola secondaria in soli 3 anni e con un carico di studio annuale, valido per un biennio, di 610 ore; come non bastasse circa 300 di queste 610 ore si svolgono presso i privati della Formazione professionale. Un modello di sostanziale privatizzazione dell’istruzione che viene presentato come esempio virtuoso di flessibilità e legame col territorio. Mentre non è altro che un modello improntato alla banalizzazione dei contenuti (si pensi che alla fisica del primo biennio si riserva un modulo di circa 60 ore mentre per la matematica c’è un modulo di 80 ore.) Nel percorso per Geometri, con 300h ottieni la terza e la quarta; con 65h si svolgono i due anni di Tecnologia delle Costruzioni e con 85h i due anni di Costruzioni. La perla organizzativa è questa, (verificare sui loro siti web la presentazione del progetto, la mia sintesi è certamente ostile): il CTP con sede in una scuola media fa un accordo con una scuola media superiore senza serale; in questo modo il dirigente presta a sua scelta i docenti; il loro intervento, circa 6 ore, è pagato oltre le 18 ore di cattedra svolte al diurno. Ciò determina la scomparsa di ore di insegnamento e di cattedre, proprio in questo momento di precarizzazione e perdita di posti di lavoro. C’è un sindacato o un dirigente scolastico in questo paese che si domanda se questo è eticamente corretto? Paradossalmente, nella flessibilità più sfrenata, il Polis è un modello più rigido e schematico di quanto si faccia oggi nei corsi serali. Oggi lo studente di una scuola serale, con le sperimentazioni Sirio ed Aliforti, può:
  • inserirsi in qualunque anno di corso e contare su percorsi individualizzati;
  • operare il riconoscimento dei crediti didattici realmente posseduti;
  • valorizzare i percorsi, anche parziali, di istruzione formale e/o informale;
  • modularizzare i contenuti delle materie per garantire l’accumulo individuale dei crediti scolastici;
  • utilizzare le nuove tecnologie, in primo luogo la FAD, per garantire solidi ancoraggi a frequenze scolastiche forzatamente irregolari;
  • fare un percorso regolare, quando necessario, come lo è per la maggior parte degli studenti.
Però i corsi Polis, a differenza di questi modelli, rispondono alla necessità prospettate dal decreto, cioè la riduzione delle materie e degli organici, poco importa se aprono necessariamente alla svalutazione del percorso di studio e preludono alla cancellazione del valore legale del diploma finale. C’è da sperare, almeno, che nessuno di coloro che oggi consentono questo scempio vengano poi a lamentare i pessimi risultati della scuola italiana nelle indagini OCSE-PISA, magari per giustificare ulteriori interventi peggiorativi.

Intanto, finché ci sarà concesso, ai nostri allievi racconteremo che l’offerta Groupon, di tre massaggi rigenerativi al prezzo di uno, può funzionare sul corpo, ma con la mente è un po’ più complicato. E ai nostri pochi interlocutori attenti possiamo dire con franchezza che tutto ciò non è serio. Che non si può permettere che chiunque adotti criteri discrezionali e locali, si crei il proprio modello scolastico senza riferimenti a standard scientifici, verificati e accertati, e inquini l’offerta formativa pubblica.

[1] Daniele Checchi, Scelte di scolarizzazione ed effetti sul mercato del lavoro. Università degli studi di Milano

(*) Docente e coordinatore presso il Corso serale - Progetto “Sirio” - dell'I.T.G. "G. Guarini" di Torino. Portavoce della RETE SCUOLE SERALI PUBBLICHE di Torino

sabato 10 marzo 2012

IN MEMORIA DI ELIO PAGLIARANI

É morto il poeta Elio Pagliarani. Aveva 84 anni.

Apparteneva al Gruppo ‘63 ed era tra i fondatori della Cooperativa di scrittori.

La sua poesia ha sempre affrontato temi realistici, dal lavoro, all’economia, alla vita delle classi subalterne.

Aveva insegnato alle serali.

Lo ricordiamo con questa sua poesia del ‘53.



I GOLIARDI DELLE SERALI IN QUESTA NEBBIA

I goliardi delle serali in questa nebbia

hanno voglia di scherzare: non è ancora mezzanotte

e sono appena usciti da scuola

«Le cose nuove e belle

che ho appreso quest'anno» è l'ultimo tema da fare,

ma loro non ti danno pensiero, vogliono sempre scherzare.

Perché il vigile non interviene, che cosa ci sta a fare?

È vero però che le voci sono fioche e diverse, querule anche nel riso,

o gravi, o incerte, in formazione e in trasformazione

disparate, discordi, in stridente contrasto accomunate

senza ragione senza necessità senza giustificazione,

ma come per il buio e il neon è la nebbia che abbraccia affratella

[assorbe inghiotte,

e fa il minestrone

e loro ci sguazzano dentro, sguaiati e contenti

- io attesto il miglior portamento dei due allievi sergenti,

il calvo in ispecie, che se capisce poco ha una forza di volontà

militare, e forse ha già preso il filobus.

Quanta pienezza di vita e ricchezza di esperienze!

di giorno il lavoro, la scuola di sera, di notte schiamazzi

(chi sa due lingue vive due vite)

di giorno il lavoro la scuola di sera, - non tutti la notte però fanno

[i compiti

e non imparano le poesie a memoria, di notte preferiscono fare schiamazzi,

nascondere il righello a una compagna

e non fanno i compiti

- ma non c'è nessuno che bigi la scuola

sono avari

tutti avari di già, e sanno che costa denari denari.